Eccoci giunti al quarto ed ultimo viaggio in poesia dell’uomo con farfalla.
Quarto Viaggio
Stavo seduto da straniero su un tram
di legno e di metallo lucido pulito
liso da migliaia di mani e di anni,
dal finestrino grigia la periferia di Mosca
una città che sa di ferro e di fatica,
attorno alle finestre delle case
ho visto i buchi dei proiettili,
davanti a me seduta una donna
nel suo vestito di flanella spessa,
una vecchia con la pelle del viso
come un albero antico,
d’improvviso fra le pieghe di cuoio
del volto il taglio di un sorriso,
come uno strappo di cielo in un panno grigio,
due occhi di topazio azzurro fondi
come pozzi nel ghiaccio del nord,
dolci come canditi di una torta,
il mio sguardo si è stretto al suo
era caldo, sapeva di menta e di spigo,
ho capito, ho capito sorella,
vecchia bambina sconosciuta ho capito –
sono sceso dove dovevo,
il tram se n’è andato
col suo rumore di ferro e di legno,
traballando, tintinnando rotolando,
come una carrozza antica sulla scia
delle rotaie luccicanti,
ho sentito il suo sguardo nella schiena,
un tocco lieve d’azzurro
una tenera carezza data nel vento –
ma forse era un sogno
un’invenzione di un poeta vagabondo
con tanto tempo da buttare,
io però ti ricorderò per sempre
vecchia bambina, amica di un momento,
occhi liberi azzurri di topazio.
Nuovo viaggio, nuova città.
Dopo il caldo e assolato Egitto nel primo e secondo viaggio e l’oceanica Tallin del terzo ecco la più continentale tra le città: Mosca.
Terza Roma che il mito della sua ascensione dice non cadrà mai è stata al centro di forti emozioni.
Prima uno degli ultimi templi del tradizionalismo, poi emblema del comunismo novecentesco. A differenza della sua controparte San Pietroburgo non le venne modificato e poi ripristinato il nome.
Degna chiusura per questa serie di quattro viaggi di tarda estate.
Ovviamente un grazie all’autore Franco Faggi.
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