Vanae Speculationis Sensus Moderator

scilla completo

Libri Antichi: uno dei miei preferiti …

La vana speculazione disingannata dal senso : lettera risponsiva circa i corpi marini, che petrificati si trovano in varij luoghi terrestri

Agostino Scilla, 1670

Tra i tanti libri che tengono dimora nei miei spazi domestici, c’è l’edizione latina dell’opera del pittore naturalista messinese Agostino Scilla (1629-1700), ristampata nel 1759, a partire dalla prima edizione in volgare, De corporibus marinis lapidescentibus quae defossa reperiuntur. Monaldini, typographia Joannis Zempel.

Nella pregevole antiporta appare in alto un cartiglio con la scritta “Vanae Speculationis Sensus Moderator” (La vana speculazione moderata dal senso).

Sotto alla scritta si vedono due figure, una femminile ed una maschile con sullo sfondo delle montagne e, in primo piano, una zona rocciosa con molti fossili. Ma qual è il significato di questa incisione dello Scilla? Tra i tanti, seguendo il testo di Caprotti al quale mi sono ispirato per questo post, riporto l’opinione di un altro pregevole e famoso scienziato italiano, malacologo, geologo, paleontologo, e non solo, autore della celeberrima “Conchiologia fossile subappennina” (1814), la prima importante opera paleontologica e sistematica sui molluschi fossili italiani, Giambattista Brocchi : “Egli era pittore e chiamò in sussidio la sua arte medesima per esprimere più al vivo i proprii concetti. Raffigurò quindi nel frontespizio dell’opera il Genio dell’osservazione che, situato sopra una montagna sparsa di corpi marini, presenta una di queste spoglie a un rabbuffato fantasma, inviluppato in densa caligine che tocca e par non creda. Essa è la Filosofia aristotelica”.

Per comprendere meglio quanto affermato dal Brocchi, bisogna sapere che al tempo in cui visse lo Scilla, la scienza, come noi la intendiamo, ancora non esisteva e muoveva i primi passi, anche con l’ausilio dei nuovi strumenti quali il microscopio ed il telescopio, adottando in maniera estensiva, il cosiddetto metodo galileiano, cioè provare la veridicità delle speculazioni filosofiche attraverso la sperimentazione pratica. Naturalmente adesso è facile parlarne, ma allora a proporre “cose strane” o ritenute tali, solo, ma non solo, perché in contrasto con le credenze pervase dalla religione che regolava le società di quei periodi, si rischiava di finire sotto processo e subire trattamenti più o meno spiacevoli e duri, Galileo Docet

In questo contesto, Agostino Scilla, convinto che i resti fossili fossero ciò che rimaneva di individui ex viventi, e poi pietrificati, resti del diluvio biblico o di altri succedutisi nel tempo, scrisse la sua opera, sotto forma di lettera responsiva, corredandola di una serie di bellissime tavole, incise con illustrazioni di fossili confrontati con i corrispondenti viventi, dimostrandone l’origine animale. Nonostante ciò il maltese Giovan Francesco Buonamico (1639-1680) che gli aveva inviato gran parte dei fossili illustrati, specialmente denti di squalo di varie fogge e dimensioni, e al quale era indirizzata la “lettera”, non si convinse affatto delle ragioni sostenute così esplicitamente da Scilla, continuando a ritenere quei resti oggetti inanimati, generati direttamente dalla terra e nella terra.

Ma perché la figura del Genio dell’Osservazione, per dirla come il Brocchi, ha un occhio supplementare in mezzo al petto?

L’autore siciliano ve lo colloca per sottolineare la superiorità della vista rispetto agli altri sensi, la centralità del sapere attraverso l’occhio. Questo concetto si esplicita e si diffonde nella cultura del seicento trovando molti sostenitori tra coloro che per varie necessità, dovevano trattare le cose naturali fino ad allora note solo tramite i testi dei classici più antichi, dove le illustrazioni non trovavano posto. È infatti a partire dalla metà del cinquecento che le stampe illustrate divengono più necessarie e importanti, occupando una parte via via più ampia e accurata, nelle rappresentazioni delle cose naturali, vecchie, diversamente e variamente comprese fino ad allora, o decisamente nuove, venute alla luce nelle esplorazioni del mondo, iniziate a partire dalla scoperta delle Americhe. Ad esempio l’uso estensivo delle figure trova ampia applicazione, come necessario strumento di riconoscimento delle essenze vegetali, nei trattati di materia medica basati sulle piante officinali.

scilla occhio

Tra tutti, l’occhio non tradisce, superiore agli altri sensi, permette all’intelletto di rendersi conto, tra le altre cose, delle somiglianze e differenze interne ed esterne dei corpi naturali. Con ciò innescando ragionamenti sui risultati delle sperimentazioni, non più accettando acriticamente le conoscenze indotte dalle speculazioni degli antichi, ormai da troppo tempo non più soggette a verifiche, basate esclusivamente sull’autorità dei testi.

Naturalmente questi ragionamenti sarebbero da approfondire, coinvolgendo filosofia, storia della scienza, storia naturale, ect, ma non basterebbe un’enciclopedia, che tra l’altro non saprei scrivere, però saprei leggere… e molto leggo, per farsi un’idea quanto più completa possibile sulle vicende della formazione della cultura occidentale europea dal Rinascimento ad oggi.

Quello che mi premeva era richiamare l’attenzione sull’espediente ideato da Agostino Scilla per riassumere e privilegiare, appunto tramite un’immagine, il concetto della necessità e superiorità dell’uso della vista per sviluppare il ragionamento a partire dall’osservazione diretta dei fenomeni.

Nonostante la dotazione di un occhio supplementare e di tutte le prove materiali, la Ragione ha faticato, e fatica molto, ad avere ragione.

A pensare a certe opinioni pseudoscientifiche che circolano oggi, ad esempio circa la forma del pianeta Terra, mi viene spontaneo essere solidale con Scilla e con tutti coloro che hanno fatto e fanno Scienza.

 

 

References

Brocchi G., (1814) – Conchiologia Fossile Subapennina, con osservazioni geologiche sugli Apennini e suo suolo adiacente. Vol. 1, Milano, Stamperia Reale, 240 pp.

Caprotti E., (2010) – Antiporte malacologiche del Settecento. Bollettino Malacologico, 46: 16-28.

 

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